Sacro eremo di Montevirginio

Il complesso monastico fu fondato per iniziativa di Virginio Orsini, frate carmelitano, che, rinunciando ai suoi beni, convinse il fratello duca, Paolo Giordano, a donare una somma di denaro per la costruzione dell’Eremo dei Padri Carmelitani Scalzi, conclusa nel 1668, dopo 17 anni di lavori.
La fondazione di Montevirginio avviene durante il singolare processo di colonizzazione del territorio dell’alto Lazio, in cui si innesta, tra i nuovi insediamenti urbanistici neo-feudali, una diffusa presenza di santuari, spesso a carattere eremitico, dovuti all’attività di differenti ordini contemplativi. Con un’imponente pianta rettangolare, la struttura si integra in maniera armonica con l’ambiente naturale circostante di boschi di castagni, noccioli e faggi ed è considerata sintesi di architettura basso rinascimentale. La parte centrale fu dedicata alla chiesa, inaugurata nel 1670, dedicata alla presentazione di Maria al tempio, rappresentata nella pala d’altare, tela del fiammingo fra’ Luca Di Nivelle (XVII secolo) autore di altri quadri negli adiacenti ambienti che ospitano gli scanni lignei dei cori, e di una grande pala, in sacrestia, con i ritratti dei benefattori Orsini. Al piano rialzato, a destra e sinistra della chiesa, dodici celle di clausura ciascuna collegata da una scala a chiocciola a un proprio giardino concluso, nove stanze degli ospiti, i luoghi di preghiera, gli spazi funzionali comuni (cucina, refettorio, dispensa, biblioteca, salone/parlatorio); al piano superiore sette stanze per i religiosi addetti ai servizi, granai e magazzini ortofrutticoli; nel seminterrato cantine, falegnameria, forno e altri laboratori; all’interno, un ampio chiostro che fa perno su una vasca/fontana. Una grande infrastruttura, dunque, comprensiva di una tenuta che per secoli è stata coltivata con orti, vigne, frutteti e stalle. Anche i boschi venivano tagliati periodicamente per il legname.
Tuttavia, è al di là dell’apparenza sobria e semplificata che si manifesta il grande lavoro concettuale che conduce alla progettazione e realizzazione del complesso di Montevirginio, emulazione del modello ispanico del Santo deserto, in un singolare contesto ambientale, permeato dagli influssi culturali della Roma barocca. L’architettura del Santo Deserto esprime una delle tipologie eremitiche meglio definite nella sfera degli ordini contemplativi, riproposto dai Carmelitani Scalzi con spettacolari rielaborazioni in età barocca. L’idea del Deserto si collega a una concezione del giardino e degli ambienti naturali intesi come predicazione vivente, espressione del sacro, specchio di quel Paradiso cantato dalla teologia e dalla poesia, che in multiformi esperienze viene riprodotto in età barocca in contesti conventuali e residenziali segnati da connotazioni scenografiche e da profonde valenze semantiche. Come in altre famiglie religiose della Controriforma, anche i seguaci di Teresa d’Avila, sotto l’influsso dei suggestivi autografi della mistica riformatrice, assegnano un ruolo particolare al rapporto tra architettura e paesaggio nelle loro fondazioni, apparentemente costrette in schemi e modelli comuni, fortemente vincolanti, con apparati decorativi essenziali. Particolare rilievo è assegnato ai tracciati devozionali che richiamano a Montevirginio, come in altri eremi carmelitani, il tema della Passione e della Via Crucis declinato con con la tradizione del “sacro monte”, invito alla meditazione individuale e assieme auspicio di salvezza collettiva, immagine e preludio della Gerusalemme celeste. Per la costruzione dell’Eremo si scelse Monte Sassano (450 m s.l.m., costellato dai “sassi” di trachite (pietra manziana), che in seguito prese il nome di Monte Virginio, in onore del fondatore del convento, per cambiare ulteriormente in Monte Calvario dopo la costruzione della Via Crucis; sul monte, nel castagneto, furono sparsi cinque romitori (restano tracce diroccate) e l’intera tenuta (50 ettari) fu delimitata da una lunga cinta muraria con la porta principale situata verso settentrione in direzione dell’abitato di Montevirginio; dalla cima, protetta dagli alberi, dove era posto un Calvario con grandi croci di legno, lo sguardo spazia dai colli Albani ai monti Cimini e al Lago Sabatino, sugli Appennini e sul mare.
La sobrietà architettonica e la povertà decorativa mettono in risalto i caratteri scenografici dell’intero complesso, concepito in rapporto agli insediamenti urbani e al paesaggio circostante. L’Eremo di Montevirginio va considerato come espressione autentica della cultura coeva, alla cui definizione ideale partecipano: collezionismo, gusto antiquario, ricerca scientifica, rapporto con l’ambiente naturale, significati simbolici. Le diverse tessere del processo di genesi concettuale, progettuale e realizzativo, di questo straordinario complesso, che coniuga la riservatezza eremitica con un vedutismo spettacolare, non possono prescindere dall’eco dei maestri barocchi, le tracce borrominiane, la vicinanza dello straordinario progetto di Bernini per la cittadella degli Altieri a Monterano (da cui dista pochi minuti), che presenta affinità ideali con il complesso di Montevirginio, nel rapporto intimo e scenografico con l’ambiente naturale e storico preesistente.
Nei tempi più recenti, questo speciale patrimonio ha rischiato di perdersi. Nel 1810, i Carmelitani lasciarono l’Eremo a causa della soppressione napoleonica; già il 23 novembre 1811 il tenente Giuseppe Merenda, 3° reggimento al comando del marchese Massimi, riacquistò il complesso dal governo napoleonico, per 26.010 franchi, permettendo ai Carmelitani di farvi ritorno nel 1817; nel 1873 il Convento venne messo all’asta e acquistato dal principe Altieri che lo rivendette ai Carmelitani nel 1893; attualmente l’eremo, ancora proprietà dei Carmelitani, è abitato da pochi frati e l’azienda agricola ridotta alla produzione dei beni destinati alle modeste esigenze di comunità, tanto che orti, seminativi, vigneti sono diventati pascoli e il bosco ha preso il sopravvento. La biblioteca conserva 8000 volumi e gli anziani padri animano un centro di formazione per i novizi carmelitani, ospitalità per giovani, che organizzano campi scuola, e per ritiri spirituali e convegni.
Angela Testa e Gaetano Mercadante

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