Durante il periodo in cui il mitraismo venne formandosi come culto misterico e ancora nel I sec. d. C., quando si espanse verso l’Occidente, i santuari di M. furono stabiliti, ove fosse possibile, in grotte naturali. Il neoplatonico Porfino (De antro nympharum, 5-6) menziona che questa tradizione risale a Zaratustra-Zoroastro che, secondo le più recenti ricerche, si colloca all’VIII-VII sec. a. C.; nonostante ciò, si deve considerare che il profeta Zaratustra non fu un protettore del culto di Mithra. Porfirio ricorda anche che la grotta deve essere fiorita, situata nella vicinanza di una fonte e che la sua vòlta costituisce un simbolo del firmamento. Le scoperte dei molti mitrei nell’Impero Romano (Vermaseren, I-li) confermano interamente i rapporti di Porfirio; effettivamente in diversi luoghi (Schwarzerden, Bourg St. Andéol e in Iugoslavia) M. fu venerato in una grotta naturale. Una successiva scoperta a Tirgusor, sui monti presso Costanza in Romania, ha rivelato un piccolo mitreo ricavato in una grotta. Un altorilievo, con la rappresentazione di M. tauroctono, dedicato da un certo Nicomedeus, nomina la grotta (ordinariamente indicata come specus, spelunca, antrum o templum) come se sorgesse presso il fiume Eufrate: in altre parole egli rimanda ancora ai luoghi di culto nel paese d’origine di Mithra.
Dove non fu disponibile una grotta, si dette al santuario l’aspetto di una grotta per mezzo della vòlta o applicando sulle mura delle pietre pomici; dove non si trovava una fonte naturale (fons perennis), si costruì il santuario (Ostia, Londra) in vicinanza di un fiume, e si ottenne l’acqua artificialmente.
I santuarî sono di preferenza sotterranei; generalmente non di grandi dimensioni. Spesso fu costruito in una casa privata (Roma, S. Prisca, S. Clemente) oppure in un modesto spelaeum. La propaganda del mitraismo fu incentrata piuttosto in tante piccole cappelle intime, sparse in diversi punti della città, che in templi lussuosi e grandi.
I santuarî mostrano una divisione stereotipata. Dopo una piccola prima stanza (vestibulum) si entra nel santuario vero e proprio che consiste in un ambiente fiancheggiato da due banchi adiacenti, in cui si trova talvolta una fonte e che si conclude nella nicchia di culto, la parte più importante del santuario. Il pavimento di questo ambiente talvolta è coperto, come a Ostia (Becatti), da un mosaico con la rappresentazione dei diversi simboli della dottrina e delle cerimonie del culto (i sette gradi, le sette sfere del cielo, i pianeti, i lampadofori). Sui banchi, che sono indicati generalmente con una denominazione moderna, podia, ma che una iscrizione a Ostia indica come praesepia, sedevano gli iniziati durante le cerimonie segrete e soprattutto durante il banchetto sacro che i fratres celebravano con il loro pater in memoria del pasto di M. e Sole. Il piano dei banchi in generale è lievemente inclinato verso il muro; sul davanti si trova un rialzo su cui potevano essere posati il cibo, le bevande e le lucerne. Come tutto il santuario, anche la nicchia di culto era di disegno più o meno ricco a seconda della composizione sociale della comunità; tanto la nicchia quanto la vòlta simboleggiano la vòlta del cielo. Pietre piramidali sbozzate simboleggiano talvolta la petra genetrix da cui era nato Mithra. Talora, molto semplicemente, sul muro di fondo del mitreo si trova un rilievo con la rappresentazione dell’uccisione del toro; altre volte, invece, il rilievo è raccolto in una particolare nicchia; infine, in altri casi, il santuario termina in un’abside, in cui è posta la stessa rappresentazione (Londra).
Il più delle volte la rappresentazione dell’uccisione del toro è in scultura, ma può essere anche in pittura (Capua: v. tavola a colori, vol. II; Roma, Mitreo Barberini), raramente in stucco (Roma, S. Prisca; Ponte Mammolo), però mai in mosaico. In un solo caso (Dura-Europos) la nicchia è sopraelevata di sette gradini che rappresentano, naturalmente, la serie dei Sette Pianeti; a Ostia è menzionata in una iscrizione una cortina (deum in velo formatum). Molto appariscente è la nicchia del mitreo sotto la basilica di S. Prisca sull’Aventino a Roma. La nicchia a forma di grotta contiene un gruppo in stucco, di concezione onginale, con M. che uccide il toro di fronte al quale giace supino un dio (Caelus-Saturnus) dalla testa coperta da un velo (velum). Le iscrizioni ricordano l’esistenza di un seggio per il pater della comunità; nel santuario di S. Prisca il trono si trova all’incirca nel centro del banco sulla destra. Alcuni santuarî presentano delle divisioni (Dura; Koenigshoffen; S. Prisca; Terme di Caracalla, ecc.) di cui non è chiara la funzione. È da desiderarsi che i futuri scavi possano illuminarci su questo punto. Nel santuario che fu costruito nelle Terme di Caracalla a Roma si trova, nel vano centrale, una apertura che mette in comunicazione con una di quelle divisioni. Certamente si ha qui un sistema per il rito del taurobolium, penetrato nei misteri di M. dalle cerimonie religiose di Cibele. Nel santuario di M. a Rudchester, presso il vallo di Adriano, in Inghilterra, si incontra una specie di costruzione sepolcrale, che doveva assumere una qualche funzione durante le cerimonie di iniziazione; il grande santuario sotto S. Prisca mostra tre cappelle laterali, tra cui quella centrale ha la stessa struttura architettonica del mitreo, con il vano al centro, i banchi e la nicchia. Per questa nicchia sopraelevata su cui è una rappresentazione dello zodiaco, è stata impiegata una vòlta a botte semplice. Probabilmente si svolgeva qui una cerimonia di purificazione o il battesimo (lavacrum). Nella cappella laterale destra non si è scoperto alcun elemento che possa chiarirne la destinazione, vi sono infatti soltanto i banchi stretti.
Nel pavimento della terza cappella, infine, si apre una tomba, a forma di pozzo voltato a botte, che ha sull’orlo un graffito in scrittura cifrata. L’interpretazione di questo graffito dichiarerebbe la funzione della cappella, ma purtroppo non si è raggiunto un accordo sul suo scioglimento. Vicino alla nicchia di culto, a sinistra, si trova uno stanzino che doveva servire probabilmente come sacrestia; anche in altri santuari si trovano simili apparatoria (Koenigshoffen; Heddernheim). Abbiamo già segnalato che la maggior parte dei santuarî sono di piccole dimensioni, e quindi potevano contenere pochi iniziati. Eccezionalmente grandi sono invece i santuarî delle Terme di Caracalla (m 23 × 9,70); di S. Prisca a Roma; di Sarmizegetusa in Romania (m 26 × 12); di Koenigshoffen (m 14 × 6) in Germania. Talvolta a queste maggiori dimensioni si unisce la ricchezza dei doni di consacrazione. Ricchi di rilievi sono i mitrei a Sarmizegetusa e Apulum in Dacia, di Dieburg, Heddernheim e Stockstadt in Germania (per tutti questi luoghi v. il Corpus Inscriptiònum et Monumentorum Religionis Mithriacae = CIMRM, citati in bibliogr., vol. II).
Pochi sono i mitrei con decorazione in mosaico e con dipinti e sono limitati a Roma e ad Ostia. A Ostia, dove sono noti sinora 17 mitrei, i mosaici mostrano per lo più allusione ai sette gradi di iniziazione, cui i mistici possono accedere nel culto. I dipinti del Mitreo delle Pareti Dipinte, a Ostia, raffigurano anche diversi iniziati. Unica è la pittura nel santuario a Capua (v.), che presenta alcune scene di iniziazione; nel mitreo del Palazzo Barberini a Roma troviamo rappresentata tutta la storia di M.; in quello di Dura-Europos si trovano anche i ritratti di due Patres, mentre sulle pareti laterali è rappresentato M. come cacciatore nella foresta. Il santuario sotto S. Prisca a Roma contiene due strati di pittura sovrapposti, databili intorno al 200 e 220 d. C. Notevole è una processione di iniziati ognuno con i suoi attributi con il titolo Leones che si apprestano a un suovetaurilia; poi una processione di persone, di nuovo con il titolo di Leones, che portano diversi doni (vino, pane, un gallo) e si rivolgono verso una grotta dove Mithra e Sole consumano il pasto consegnato.
Interessante è anche il banco a parte, per il Pater e l’Heliodromus che sono i rappresentanti terrestri dei due dèi e convitati. Una testimonianza veramente unica sono le diverse citazioni di testi mitraici riportate sul primo strato di pittura, quello del 200 d. C. Alcune parole furono già lette da A. Ferrua (in Bull. Com., lxviii, 1940, p. 59 Ss.; una pubblicazione completa in Vermaseren-van Essen, The Excavations). Considerando i mitrei nel loro insieme si giunge alla conclusione che il culto, diffuso in tutte le province dell’Impero Romano, ha ammesso il ricco accanto al povero, tuttavia i santuarî furono accessibili soltanto agli uomini. A Roma negli stessi luoghi dei mitrei si stabilirono centri di culto cristiano. In molti luoghi una chiesa cristiana fu innalzata trionfalmente dopo la devastazione violenta di un mitreo (s. Prisca; S. Clemente, ecc.). Seguaci del mitraismo hanno continuato spesso silenziosamente la loro resistenza contro la nuova religione, che assume come giorno natalizio della nuova divinità il 25 dicembre, già segnato nei calendarî come dies natalis Solis Invicti, cioè di Mithra.
Bibl.: F. Cumont, Textes et monuments figurés relatifs aux Mystères de Mithra, I-II, Bruxelles 1896-98; id., Die Mysterien des Mithra, 3a ed., Lipsia 1923; F. Saxl, Mithras, Typengeschichtliche Untersuchungen, Berlino 1931; E. Will, Le relief cultuel gréco-romain, Parigi 1955; M. J. Vermaseren, De Mithrasdienst te Rome (con sommario inglese), Nimega 1951; id., Corpus Inscriptionum et Monumentorum Religionis Mithricae, I, II, L’Aja 1956-60; id., Mithra, ce dieu mystérieux, Bruxelles 1960; G. Becatti, Scavi di Ostia, II, I Mitrei, Roma 1954; M. J. Vermaseren-C. C. van Essen, The Excavations in the Mithreum of the Church of S. Prisca in Rome, Leida.
Fonte: M. J. Vermaseren, Mithra e mitrei, Enciclopedia dell’Arte Antica (1963) © Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani – Riproduzione riservata